Musicaletter #9 (di ferragosto)
Ciao,
Ho trovato un nuovo fratello su Facebook (via DJP). Si chiama Yann Kay, è un film-maker, adora i registi italiani e starebbe collaborando alla digitalizzazione dell'archivio di Prince per farne un documentario. Forse quello di Netflix? Non lo so. Tra le tante cose che mi ha detto, mi ha parlato dell'ultimo album di Prince bell'e che pronto. Si chiama Black Is The New Black (d'ora in avanti anche BITNB) e doveva essere destinato al mercato jazz-fusion, distribuito dall'etichetta Blue Note. Yann su questo argomento ha pubblicato un post. Gli ho chiesto se potevo tradurlo per voi. E lui mi ha risposto: "go for it!". Ecco la traduzione.
"Benvenuti nella nuova storia, abbiamo bisogno di una nuova, perché quella vecchia non funziona più" (#prince; 2016)
La formazione della nuova band sperimentale #jazzfusion di Prince (#mononeon al basso, #adriancrutchfield al #saxophone e #donnagrantis alla chitarra) sembrava un nuovo ed eccitante capitolo nella sua vita. Come Miles Davis prima di lui, Prince continuava a reinventare il suo approccio alla musica e non aveva alcun problema a innovare o buttarsi in cose a lui ignote, ci invitava a esplorare la Galassia della Libertà. Dopo tutto, aveva molto di più da dare rispetto al cliché, che gli era stato appioppato dai media, del ragazzo degli anni 80 di Purple Rain, .
I concerti di #pianoandamicrophone del 2016 non erano un tour d'addio, senza alcun dubbio. Al contrario erano l'inizio di qualcosa di audace e nuovo.
Prince era alla ricerca di un suono nuovo di pacca, che è quello delle prove a Paisley Park della fine del 2015. Interpretazioni imprevedibili di classici ripresi da un potenziale tour. Per esempio, Prince voleva che la sua recente ed eterea canzone June, dell'album #hitnrunphaseone del 2015 avesse un seguito in Sign O' The Times del 1987 (non so dire quanto sarebbe curiosa questa fusione).
Il 2016 doveva essere l'anno del suo ultimo capolavoro (ancora non pubblicato) - #blackisthenewblack un progetto che rappresenta un grande tributo alle formazioni jazz, funk e fusion, ma che contiene molti brani che affrontano problemi sociali. Si era parlato di una possibile distribuzione di questo album da parte dell'etichetta Blue Note, e la copertina avrebbe presentato alcune immagini psicadeliche realizzate da uno degli artisti personali di Prince (Spencer Derry).
L'idea di Prince era di svelare il contenuto del suo nuovo lavoro durante gli aftershow del tour "Piano & A Microphone" mettendo al centro dell'attenzione la sua nuova band. A 57 anni, Prince era a suo agio nel diventare l'insegnante perfetto per molti giovani musicisti, proprio come dichiarava nel testo del suo brano più recente:
"Conosci il mio nome, non ho nulla da dimostrare. Io sono l'insegnante e tu sei a scuola. Jazz per gli altri, è la nuova regola d'oro!"
Inoltre, Prince stava progettando un grande festival musicale a Paisley Park, un set di interessanti concerti (alcuni sarebbero stati legati a cause umanitarie) negli USA e in Europa. Infine era pronto a essere il protagonista del Montreux Jazz Festival per la quarta volta (c'era già stato nel 2007, 2009 e 2013).
Questo il racconto di Yann, che, come detto, ne sa molte di cose su Prince. Da una parte non sono sorpreso dalla quantità di attività che erano in cantiere, dall'altra so [e sento] che quel 21 aprile le cose stavano cambiando. Nella vita degli artisti c'è sempre un nuovo progetto, una nuova collaborazione e una nuova idea. Poi succede qualcosa... attendiamo, perché all'orizzonte non c'è la pubblicazione di BITNB.
Ancora musica. Un altro caso di plagio in parte discutibile sta scuotendo l'ambiente della musica. Gli autori di Dark Horse (successo del 2013 di Katy Perry e del produttore Dr. Luke), avrebbero preso spunto, ovvero plagiato un brano di rap cristiano (una categoria sconosciuta ai più) del 2008 intitolato Joyful Noise di Flame (al secolo Marcus Gray).
La questione è stata posta su due livelli dal tribunale che ha emesso la sentenza: 1. i brani si assomigliano? 2. Gli autori di Dark Horse hanno avuto accesso al brano di Flame? La parte incriminata sarebbe quella iniziale. Una linea melodica molto semplice. Si tratta di 8 note, che si ripetono. Nel caso di Katy Perry sono 4 Reb (re be molle), 2 Do 1 Sib e 1 Fa. Nel caso di Joyful Noise 4 Do, 3 Si e 1 La. Una simile costruzione, che è stata sufficiente alla giuria per confermare il rapporto tra i due brani, mentre non avrebbero giudicato testo e melodia dei due brani (d'altronde uno è un rap, cioè è senza melodia). Come sarebbero venuti in contatto con questo brano gli autori del successo di Katy Perry? Secondo i legali del rapper attraverso Youtube; ciò avrebbe permesso agli autori di Dark Horse, o a qualcuno dei loro collaboratori, di avere avuto accesso al brano.
E così un altro caso di plagio basato sull'arrangiamento e il mood della canzone è stato confermato da un tribunale. Non si giudicherebbe più la somiglianza del testo o della melodia. Una situazione che non ha molto senso, perché le ispirazioni negli arrangiamenti si ripetono nel mondo della musica. Pensiamo solo alla chitarra di Kiss di Prince, ripresa da James Brown. Insomma, secondo questa logica si potrebbe denunciare per plagio un accordo al piano o la ritmica di una chitarra funky. In questo caso, in ballo ci sono i 41 milioncini di dollarucci che Katy Perry si sarebbe guadagnata alle spalle di Flame. Per ora la cifra assegnata agli autori di Joyful Noise si aggirerebbe intorno ai 2,7 milioni di dollari, poi credo ci saranno i vari appelli.
In un caso simile, quella volta fu il megasuccesso del 2013 Blurred Lines di Pharrell Williams, gli eredi di Marvin Gaye si portarono a casa circa 5 milioni di dollari. Quella volta PW aveva apertamente parlato dell'ispirazione proveniente dal brano di MG. La questione, come dice Rick in questo video dove spiega il plagio, è che le fette di torta da spartire sono sempre meno. Ma ogni fetta è molto grande. E un'accusa di plagio la giustifichi solo se riguarda un grandissimo successo (la fetta molto grande); non si va a denunciare per plagio un insuccesso.
A proposito di legali, dopo anni di battaglie, anche la musica di Lucio Battisti dovrebbe finire sullo streaming. La questione arriva dal fallimento della società che gestisce l'eredità di Battisti, che è risultata inadempiente e quindi condannata a pagare più di 2 milioni di euro a Mogol. Qui la storia ricostruita da Gabanelli's Dataroom.
Ancora questioni legali, ma parliamo di testamenti. In un cuscino di un divano (eh?) è stato rinvenuto il testamento di Aretha Franklin. O almeno così dice il figlio Kecalf Franklin che, sempre secondo questa nuova prova risalente al 2014, dovrebbe andare a controllare la società che gestisce l'eredità di Aretha, la cd Estate. Il giudice avrebbe concesso di verificare la grafia di AF del testamento attraverso un esperto. Secondo Billboard, dopo la morte di Aretha, gli eredi avevano deciso di mettere l'Estate nelle mani della nipote, Sabrina Owens, che ne avrebbe le competenza adatte, sarebbe l'amministratore di un università. Al contrario del figlio, che, secondo gli avvocati dell'Estate, non avrebbe alcuna competenza. Sabrina era presente nel testamento di AF del 2010, ma non è più presente in questa ultima versione che sarebbe del 2014. Tiè.
Parliamo di media. E di televisioni. Com'è noto, Netflix sta spopolando e [per fortuna] risolvendo molte delle nostre serate. Da qualche giorno è disponibile la terza stagione di Glow, mentre sulla concorrente Amazon Prime è disponibile tutta 30 Rock, che sto rapidamente vedendo. La fortuna dei canali di streaming sta preoccupando la vecchia, cattolica e noiosa televisione italiana (pubblica e privata). L'ex direttore generale Rai (Campo Dall'Orto) intervistato da Repubblica (qui la notizia di Prima Comunicazione) lo ammette:
"La differenza di contenuti fra modello gratuito e a pagamento è netta. Dopo Netflix e Amazon Prime, è l’anno di AppleTV+ e Disney Plus. Le loro offerte fanno leva in primis su contenuti esclusivi, originali e globali”, spiega Campo Dall’Orto, secondo cui l’unica cosa che si può fare “è valutare se in ambito europeo c’è spazio per una aggregazione che offra alternative a chi consuma contenuti”.
E come affrontare i colossi mondiali? Due soluzioni:
La prima “è quella delle alleanze industriali europee”; la seconda è “un’aggregazione fondata sulla propria cultura di riferimento, un soggetto nazionale che metta insieme tutti i player rilevanti, nel nostro caso italiani”.
Senza dimenticare che
“non si può parlare di un vero mercato continentale”. “Italiani e francesi, quando acquistano contenuti a pagamento o guardano film e serie, consumano prodotti differenti. Il taglio allora deve essere anzitutto nazionale. Anche perché gli unici in grado di proporre contenuti globali sono i gruppi con una rilevante capacità di investimento”
Se vi state domandando chi è questo signore, è presto detto: è stato direttore del canale La7 (nel 2007) quando
sospende il programma Decameron di Daniele Luttazzi, sostenendo che il comico abbia offeso Giuliano Ferrara in un monologo. Secondo il Tribunale di Roma, la chiusura è illegittima: nel 2012, LA7 viene condannata in primo grado a un maxi-risarcimento da 1,2 milioni per il comico.
Anche Mediaset ha in mente una soluzione che prevede un'aggregazione. Si tratta di una rete televisiva europea (loro la chiamano broadcaster) forse con Mediaset Espana, Prosieben, Tf1 e Channel 4. Il primo passo è stato quello di costituire una nuova società, che contiene al suo interno Mediaset e Mediaset Espana, la cd holding.
Si chiama Mfe-Mediaforeurope e
avrà sede in Olanda, residenza fiscale in Italia e sarà quotata alle Borse italiana e spagnola, controllerà da subito il 100% di Mediaset Spa e il 100% di Mediaset España e le sarà conferita anche la partecipazione del 9,6% in ProSiebenSat1 acquisita nei giorni scorsi."
Perché in Olanda? La scelta
è puramente tecnica (...) le tasse continueranno a essere pagate in Italia e in Spagna. Identico discorso per la produzione e l’occupazione che resteranno stabilmente in Italia e Spagna.
Sarà.
Il problema è quello di vincere la concorrenza degli Over The Top (o OTT) cioè Google, Facebook e così via. Dice Confalonieri, prevedendo un problema di concentrazione di potere nelle mani di pochi (ben conosciuta dai Berlu):
il livello di intervento antitrust non può che essere continentale: siamo alle prese con fenomeni giganteschi, pensiamo a Facebook che acquisisce Whatsapp e Instagram, e creano aggregazioni di miliardi di utenti
Cioè: non rompeteci le scatole, perché vogliamo fare una superpotenza europea. D'altronde CBS e Viacom stanno unendo le forze per proporre i contenuti di
MTV, Nickelodeon, Comedy Central e i film Paramount e i programmi della CBS e del suo servizio Showtime.
L'obiettivo è combattere Netflix, Amazon Prime e Disney. Quest'ultima con Disney+ oltre ai film Pixar, Guerre Stellari ha tutti i contenuti ex Fox acquistati da Sky. Si sta predisponendo anche tecnicamente e ha raggiunto un accordo con Comcast per l'uso di Hulu
la piattaforma di tv in streaming rivale di Netflix. La compagnia di Topolino ne assumerà immediatamente il controllo operativo
Perché vi racconto tutto questo?
Perché la nostra quotidianità e quindi gran parte delle decisioni che vengono prese politicamente ed economicamente sono influenzate sui media. Si pensi alla forza del film Sulla Mia Pelle, su Stefano Cucchi. Oppure al dopoguerra quando Bongiorno unì l'Italia, o alle trasmissioni educative tipo "Non è mai troppo tardi". Oppure Michelangelo Merisi che divenne eterosessuale per lo sceneggiato Rai. E infine, al caso di strepitose serie televisive americane che proponevano un presidente democratico di successo (West Wing), ma che vennero trasmesse a notta tarda sulle reti Mediaset e poi cancellate dal palinsesto. Perché? Per la contemporanea presenza a Palazzo Chigi dell'azionista di riferimento di Mediaset.
Che siano i nuovi o vecchi media, la narrazione che propongono influenza l'opinione pubblica.
Da sempre funziona così, oppure se preferite dal 1994 in avanti funziona così. Gli equilibri mediatici sono importanti e vanno a decidere il futuro della nostra società. Se Rai, Mediaset e La7 producono le stesso cose, proporranno gli stessi racconti, gli stessi valori. Racconti scritti e decisi da poche persone questo non va bene.
L'importante è che rimanga la possibilità di scegliere, perché se queste aggregazioni portano puntate infinite di Don Matteo o di Montalbano, per quanto costruite magistralmente, io (onestamente) mi rompo i coglioni.
Non so voi.
Se vuoi rispondermi: scrivimi@italianjam.net
Simone