Musicaletter #10
E ancora un ciao. Questa musicaletter è diversa dalle altre. Parlerò di me. Vi proporrò della mia musica. Ma soprattutto parlerò di me. Anche attraverso un libro che ho letto. Se questo argomento non ti interessa, puoi cancellare questa mail e attendere la prossima. In fondo alla mail trovi il link per disiscriverti. Non mi offendo.
Ho pubblicato su Spotify, Youtube e su Soundcloud il mio nuovo album strumentale intitolato Panic Attack, firmato Italian Jam. Si tratta di un lungo brano suddiviso in 13 tracce, che ho ritrovato tra i vecchi cd. L'avevo registrato negli anni zero su multi-traccia Yamaha analogico a 8 piste, che stereo diventano 4. Avevo usato i suoni digitali e pastosi dei synth di allora.
Ti stai domandano se il titolo a qualche riferimento autobiografico? La risposta è sì. Soffro di AdP da tutta la vita. Gli AdP non mi hanno mai lasciato solo; i momenti di serenità sono solo delle pause tra un AdP e l'altro. La vita è anche questo. Quando hai un AdP la vita è soprattutto solo questo.
Come tutte le cose, anche i miei AdP hanno un inizio e un giorno avranno una fine. Tutto iniziò una notte di metà degli anni 70. Ero il secondo figlio di una coppia di immigrati a Milano dalla valle del Po, quella di Peppone e Don Camillo - per dire. La nostra era una grande famiglia. Eravamo in 6, bisognava fare economia di scala. Abitavamo in un grande appartamento vicino a Piazza Piola. Io dormivo con mio fratello, più grande di 8 anni. Per arrivare nella nostra stanza dovevi attraversare la stanza con la vasca da bagno. In qualche maniera eravamo degli accampati come gli immigrati di oggi. Non andare dal dentista era una necessità per risparmiare qualche soldo.
Mio fratello mi odiava. Quando lui era un uomo io ero ancora un bambino.
Di notte ero sonnambulo. E parlavo nel sonno. Me lo dicevano sempre. Giravo per casa, parlando con chi incrociavo. Poi non mi ricordavo nulla. Una notte sono stato svegliato da mio fratello. Mi sono ritrovato sdraiato per terra, con lui che dall'altro mi guardava mostrandomi i denti come fanno i cani quando ringhiano. Quel giorno iniziarono gli AdP. Quella immagine mi perseguiterà per sempre. E lo fa ancora oggi.
Le prime avvisaglie degli AdP ci furono a scuola. Nel grande salone della scuola elementare Leonardo si faceva ginnastica. Lì ero da solo e le capriole mi facevano girare tutto il mondo intorno. Sbarellai. Poi incominciai a frequentare il Giuriati. Il Giuriati vecchio. Le grandi tribune che dovevamo attraversare per andare a giocare a calcio erano un ostacolo insormontabile. Passavo a testa bassa, correndo, in apnea. Quando sbucavo dall'altro lato ricominciavo a respirare. Tornavo a ossigenarmi. I grattacieli sono il mio grande nemico. Allora non potevo avvicinarmi al Pirelli, davanti alla Centrale. E anche il salone della stazione, con i suoi tetti infiniti è fuori dai miei confini. Come se fosse in Corea del Nord. Se oggi volete ricevere un no, basta invitarmi a un aperitivo sotto l'Unicredit.
Gli AdP vanno e vengono. Ci sono periodi dove non ce ne sono. Dove me ne dimentico. In altri momenti mi perdo dentro alla pigrizia che mi fa compagnia. E ne soffro quotidianamente. Gli esperti mi hanno detto che quando siamo più fragili, il nostro corpo va a prendere quei lati scoperti e ci fa sentire piccoli. Così mi sento io. E mi sento anche come in quel videogioco dove entravi per scoprire un luogo ed era tutto buio. Man mano che giravi il posto, i luoghi si illuminano e da quel momento in avanti ha una mappa della tua vita.
Poi, come se niente fosse, succede qualcosa che ti azzera tutto. Devi ricominciare a costruire la tua cartina. Questa è gran parte della mia vita. Fino a quando finirà.
Puoi ascoltare il mio album Panic Attack cliccando su Spotify, Youtube e/o Soundcloud.
Giuda di Amos Oz (Amazon)
Questa estate ho letto molto. Ho letto un libro bellissimo che ho acquistato solo dopo la morte dell'autore. Il libro è Giuda di Amos Oz.
Il protagonista trascorre un inverno a fare compagnia di un anziano chiacchierando e discutendo. Il protagonista viene descritto così:
Gli occhi gli si riempivano facilmente di lacrime, e questo lo imbarazzava molto, ai limiti della vergogna. Un gattino che in una notte d’inverno miagolava accanto alla recinzione, forse aveva perso la mamma: appena quel gattino rivolgeva a Shemuel uno sguardo straziante e gli si strusciava contro il piede, a lui si velavano gli occhi. O alla fine di un mediocre film sulla solitudine e la disperazione al cinema Edison, quando all’improvviso il personaggio più inflessibile rivelava la propria magnanimità, si commuoveva e un nodo gli strozzava la gola. Se davanti all’ingresso dell’ospedale Shaare Tzedek scorgeva una donna magra con un bambino, due perfetti estranei che singhiozzavano abbracciati, veniva da piangere anche a lui. A quei tempi il pensare comune era che piangere fosse una cosa da donne. Un uomo dalla lacrima facile suscitava disdegno, financo un lieve disgusto: più o meno come una donna barbuta.
I suoi desideri sono i miei:
A un tratto gli venne una gran voglia di abitare in quella mansarda, di rintanarsi lì con una montagna di libri, una bottiglia di vino rosso, una stufa, una coperta pesante, un giradischi e alcune incisioni, e non uscire più.
Il ruolo femminile è dedicato a Atalia, la moglie del figlio dell'anziano. Atalia descrive così il protagonista:
tu, o sei una specie di cucciolo scatenato, esuberante, irrefrenabile, coccolone, che anche quando stai seduto su una sedia non si sa come mai giri continuamente intorno alla tua coda, oppure sei il contrario – te ne rimani giorni e giorni sepolto nel tuo letto, sei come una coperta pesante cui nessuno dà mai aria.
Mentre lei (Atalia) viene descritta così:
Atalia non può fare a meno di avere ragione. È nata dalla parte della ragione. È tutta scolpita nella ragione. Ma il perenne avere ragione in fondo è terra bruciata, no?
Ambientanto in Israele, si tratta di un libro emozionante, perché racconta con cura i personaggi e le dinamiche tra di loro. Il resto della storia offre uno spaccato della politica mediorientale e della storia di Giuda (o del Gesù ebraico):
Gesù non era affatto un cristiano. Gesù è nato ebreo e da ebreo è morto. Non ha mai pensato di fondare una nuova religione. È stato Paolo, cioè Shaul di Tarso, a inventare il cristianesimo. Gesù per parte sua ha esplicitamente detto: ‘Non sono venuto per cambiare nulla della Torah’. Se gli ebrei l’avessero accolto, tutta la storia sarebbe stata completamente diversa. La chiesa non sarebbe mai esistita.
E per finire:
Non aveva mai visto i suoi genitori sfiorarsi, neanche per togliere una briciola dal bavero della giacca, ma per tutta l’infanzia aveva avuto la sensazione che la madre si tenesse dentro un’offesa subita e che il padre covasse del rancore. I suoi genitori quasi non si parlavano, e quando lo facevano era solo per questioni di ordine pratico. Idraulico, documenti. Compere. Quando il padre si rivolgeva alla madre, storceva la bocca verso il basso, come se avesse mal di denti. Che cosa ci fosse dietro la ferita della madre e l’astio del padre lui non lo sapeva e in fondo neanche avrebbe voluto saperlo. Sin da quando cominciava la sua memoria – avrà avuto due o tre anni – i suoi genitori erano già così distaccati fra loro. Anche se quasi mai alzavano la voce né litigavano in sua presenza.
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Alla prossima, Simone scrivimi@italianjam.net oppure rispondi a questa mail.https://paypal.me/simonetom?locale.x=it_IThttps://paypal.me/simonetom?locale.x=it_IThttps://paypal.me/simonetom?locale.x=it_IThttps://paypal.me/simonetom?locale.x=it_IT